Stretching: serve davvero?

Anche lo stretching è un allenamento, e va contestualizzato, oltre che saputo fare

Lo stretching, un tipo di allenamento che – come la corsa – sembra alla portata di tutti. Che ci vuole? Basta allungarsi…

Però, come ho scritto sopra, lo stretching è un allenamento…e, come tale, va anzitutto saputo fare. Poi va studiato e contestualizzato al soggetto, al tipo di obiettivo che si ricerca. Va anche capito come inserirlo nella sua programmazione.

Quanti tipi di stretching esistono?

Tipi di stretching

  • Balistico
  • PNF
  • CRAC
  • Statico attivo
  • Statico passivo
  • Dinamico
  • CRS
  • Attivo isolato

E quindi? Quale scegliere? Siete ancora così sicuri che sia tutta questa semplicità?

GINNASTICA PASSIVATRAUMI OSSEI IN PALESTRAINFORTUNI DELLA SPALLA

Cosa si intende per Stretching

Vediamo anzitutto cosa si cela sotto il macro mondo della parola “stretching”.

Lo stretching, per definizione, è riferito all’azione di “allungare” e “distendere” i muscoli. Nasce intorno agli anni ’70 grazie a Bob Anderson che raccolse una serie di esercizi volti a migliorare la flessibilità muscolare.

Oltre ai muscoli, con lo stretching si lavora anche sulla parte connettiva che va allenata perché è estensibile, e se non la alleno perde questa sua peculiarità.

Vi ricordo che il muscolo è un organo stupido che fa due cose: si contrae e si allunga, e che ogni muscolo ha una sua controparte che, nello stesso istante, fa l’inverso.

Mi spiego: il flessore si contrae? Il quadricipite si allunga. Il bicipite si contrae? Il tricipite si allunga. E viceversa.

Bene,  il principale effetto degli esercizi di allungamento è quello di controbilanciare l’azione di tonificazione prodotta dalla contrazione, in modo tale da riuscire, contemporaneamente, a proteggere tessuto muscolare e connettivo da eventuali danni causati da una eventuale eccessiva stimolazione.

Cosa è la mobilità articolare? La capacità di compiere movimenti ampi e al massimo della propria estensione fisiologica articolare, ed è una peculiarità che va allenata se non vogliamo perdere centimetri di altezza una volta che “invecchiamo” o via via che ci accartocciamo sempre di più seduti davanti a una scrivania salvo poi imbottirci di farmaci.

QUANDO VA FATTO LO STRETCHING QUINDI?

Un attimo, lasciatemi ancora qualcosa da scrivere 🙂 Abbiamo visto che ce ne sono tipi diversi, capiamo anzitutto quello che può essere più consono a noi ma soprattutto – come spesso mi piace fare – partiamo da ciò che NON dobbiamo fare.

Partiamo con l’affrontare brevemente due delle idee sbagliate più diffuse sullo stretching:

  • Ci sono solo due modi per allungare: dinamicamente e staticamente, e gli allungamenti statici non devono mai essere eseguiti prima dell’esercizio perché diminuiranno le tue prestazioni
  • A differenza dell’aumento della flessibilità, gli effetti sulle prestazioni dello stretching statico sono acuti e transitori (l’allungamento di ieri non influirà sull’allenamento di oggi).

Due recenti studi sull’effetto a breve termine dello stretching statico con diverse durate e sugli effetti a lungo termine di un regime di stretching standardizzato mostrano che gli effetti dello stretching statico dipendono in modo cruciale dalla durata dell’allungamento e che l’ipotesi che gli effetti sulle prestazioni dello stretching fossero transitori e che qualsiasi effetto osservato a lungo termine fosse solo il risultato di miglioramenti nella flessibilità è discutibile se non totalmente imperfetto.

Gli effetti a breve termine dipendono dalla durata dell’allungamento:

1. Gli effetti a breve termine dipendono dalla durata dell’allungamento

In uno studio del 2018 (clicca qui per leggerlo) si è cercato di determinare la durata ottimale dello stretching in quindici atleti maschi d’élite di due diversi sport (10 giocatori di football e 5 giocatori di basket). Lo studio ha coinvolto un complesso programma di stretching statico per quadricipiti, muscoli posteriori della coscia, polpacci, adduttori e rotatori dell’anca. In tutti e quattro i gruppi di studio, i soggetti si sono riscaldati con una corsa di 5 minuti ma il gruppo A non ha fatto alcun allungamento, il gruppo B ha eseguito ogni allungamento per 15 secondi, il gruppo C ha eseguito ogni allungamento per 30 secondi e il gruppo D ha fatto ogni allungamento per 45 s.

EMG relativa agli esercizi di attivazione di tutti e quattro i capi dei quadricipiti

Dalla successiva prova di forza misurata con uno strumento specifico apposito è sembrato chiaro che se gli esercizi vengono eseguiti velocemente/esplosivi c’è un alto rischio che la forza venga ridotta dallo stretching statico pre-esercizio.

Più a lungo viene mantenuto l’allungamento statico, minori sono i potenziali benefici e maggiori sono il rischio e l’entità degli effetti dannosi dovuti all’allungamento statico.


Lo stretching per soli 15 secondi non pregiudica la forza isocinetica negli esercizi che richiedono contrazioni muscolari rapide e può persino migliorarla negli esercizi eseguiti a un ritmo più lento.

Poiché comunque non venivano monitorate azioni motorie specifiche degli sport in questione (sprint, cambi direzionali..) si è evinto come non esiste un approccio unico per lo stretching statico e che potrebbero esserci sport (con contrazioni muscolari lente) in cui un breve allungamento statico prima dell’allenamento o della competizione potrebbe migliorare anche la successiva forza isometrica di un atleta e la relativa prestazione fisica.

2. A lungo termine la flessibilità e il tasso di sviluppo della forza aumentano, ma la resistenza della forza diminuisce

Effetti negativi simili sono stati osservati da Ikeda e Ryushi (2018), che hanno condotto uno studio che fornisce importanti approfondimenti sugli effetti longitudinali dello stretching sulla forza muscolare e resistenza.

Gli scienziati giapponesi hanno confrontato gli effetti di un protocollo di stretching standardizzato di 6 settimane (3 volte a settimana) sulle prestazioni atletiche di soggetti precedentemente non allenati.

Il protocollo è stato limitato alla flessione dell’articolazione del ginocchio in posizione di decubito laterale, con il partecipante che teneva la punta del piede (classico allungamento del femorale). Si supponeva che tutte le serie di allungamenti dovevano essere eseguite fino al punto in cui l’allungamento iniziava a diventare doloroso.

Si è evinto che lo stretching ha un effetto significativo sia sulla flessibilità che sulla velocità di sviluppo della forza dei quadricipiti.

D’altra parte la resistenza alla forza dei soggetti, che è stata valutata durante una leg extension da 50 ripetizioni, è diminuita.

Questa diminuzione, però (dato interessante), si è registrata solo all’inizio del test e non nella sua fase fase avanzata, quando i soggetti non allenati erano probabilmente così affaticati che qualsiasi effetto a lungo termine dello stretching statico sui modelli di attivazione muscolare veniva annullato dalla fatica locale e/o sistemica.

Quindi in conclusione?

Gli studi citati mostrano che :

  • fare stretching statico prima di allenarsi potrebbe non essere così malvagio
  • lo stretching dopo l’allenamento, a lungo termine, cioè per settimane e mesi, influenza molto di più della semplice flessibilità.

Gli effetti acuti dipendono in modo critico dalla durata dello stretching: un breve allungamento di 15 secondi non ha alcun effetto benefico, stretching di 30-45 secondi hanno effetti negativi o neutri sulla forza isocinetica durante esercizi che comportano sia contrazioni muscolari veloci e lente (classico allenamento coi pesi).

STRETCHING: CONCLUSIONI

La sensazione, durante lo stretching, che “tiri” qualcosa non è il muscolo, ma il sistema nervoso che percepisce l’allungamento della fibra muscolare e lo segnala con questa sensazione.

Praticandolo con costanza, aumenta la tolleranza del suddetto all’allenamento.

Ma il muscolo si allunga veramente? NO!!! E quindi finora di cosa hai parlato? Di luoghi comuni e di mitologie di palestra….Non me ne vogliate, dovevo riempirle un po’ di righe, e mostrare come anche le ricerche scientifiche possano incrementare delle dicerìe se non contestualizzate.

La fibra muscolare si deforma per poco, poi torna nella sua “posizione base”: il muscolo si allunga solo con un buon lavoro eccentrico (sarcomerogenesi attivata….paroloni, lasciamo stare).

E’ invece riconosciuto che uno stretching statico prima dell’allenamento possa aumentare il rischio di infortunio, e non migliori il recupero del dolore post allenamento. Lo stretching statico, dunque, non va effettuato a freddo!!

PERO’…

Lo stretching statico idrata la fascia, facilitando lo scorrimento della fascia elastica. Stimola anche il liquido sinoviale nella capsula articolare.

Aumenta la coordinazione, preserva la mobilità articolare e ha benefici sul sistema nervoso riducendo lo stress.

E qui parliamo solo di stretching statico, quello che fate tutti, poi la somministrazione e l’utilizzo delle altre tipologie di stretching sono compiti del trainer, che saprà indirizzarvi a quello più adeguato a voi. Lasciate stare il “fai-da-te”!!!

E’ quindi preferibile dedicare una seduta di stretching a parte, in giorni in cui non vi allenate, per i suddetti motivi… il dolore muscolare eventuale (i DOMS) passerà comunque in modo fisiologico dopo 24/48 ore, indipendentemente dallo stretching.

Buon allenamento a tutti!!




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Davide Chiuchiarelli

Personal Trainer per vocazione, appassionato di sport da combattimento e bodybuilding, trovo la mia vocazione nella pre infortunistica e nella riabilitazione. Docente e formatore di EMS Training (qualifica europea EQF8), spazio dalla preparazione atletica alla consulenza formativa per studi di personal training.

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